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Dopo quasi 62 anni di vita e 42 di carriera Amedeo Minghi può considerarsi un uomo felice. Sposato da 36 anni con la stessa donna (circostanza da sottolineare quando si parla di gente dello spettacolo), due figli, nonno, vive in una bella casa con giardino in uno di quegli angoli incredibili di Roma dove la periferia incontra la campagna, ma al tempo stesso non ti senti troppo lontano dal centro. Lo studio è tappezzato di locandine di dischi, concerti e spettacoli. In cornice stanno i dischi d’oro ricevuti per i suoi successi (in testa a tutti I ricordi del cuore, che nel 1992 fu venduto in 600 mila copie). Ma non è tempo di bilanci né di volgere lo sguardo al passato. «L’ispirazione è sempre feconda, musica ne scrivo tanta e sempre di più», confida il cantante.
Tra pochi giorni Amedeo Minghi parteciperà alla crociera pellegrinaggio dei lettori di Famiglia Cristiana, per i quali terrà un concerto in Terra Santa. È appena stato in Francia, ospite di Mont-Saint-Michel, località alla quale dedicò una canzone 26 anni fa. Si prepara alla tournée estiva e a viaggi negli Usa e in Canada. A novembre si esibirà in un recital teatrale. Intanto stanno uscendo in questi giorni un Dvd e un doppio Cd con Dvd allegato. Contengono i suoi successi e le immagini del concerto del febbraio 2008 all’Auditorium di via della Conciliazione, a Roma, in cui Minghi fu accompagnato dall’orchestra Sinfonietta e duettò con amici e colleghi come Lino Banfi, Serena Autieri, Mietta, Rossana Casale, Fabio Andreotti, Vincenzo La Scola. Quella sera Minghi cantò anche Gerusalemme, una delle canzoni cui tiene di più, con l’israeliana Gabriel Orit e il palestinese Hakeem Abu Jaleela. «Questo inedito trio», spiega Minghi, «è il primo passo per arrivare a realizzare il mio sogno: cantare Gerusalemme proprio in Terra Santa, con artisti israeliani e palestinesi. Ci sto pensando dal 2000, quando in occasione del Giubileo il Vaticano mi commissionò questa canzone. A Gerusalemme l’ho già cantata da solo in un auditorium, nei prossimi giorni la canterò per i pellegrini di Famiglia Cristiana, ma grazie anche al vostro giornale e agli incontri con le autorità religiose tesseremo una rete diplomatica per arrivare a realizzare il mio sogno». Nel cuore delle grandi religioni Minghi torna sempre volentieri in Terra Santa. «Quando entri a Gerusalemme non entri solo in una città», spiega, «entri in un’atmosfera speciale, che ha a che fare con i nostri sentimenti e la nostra storia. Ogni pietra è sacra per chiunque appartenga alle grandi religioni. A Gerusalemme quando entri in una sinagoga entri nel cuore dell’ebraismo, visiti una moschea e ti senti al centro dell’islam, vai alla basilica del Santo Sepolcro e ti accorgi che stai entrando nel cuore stesso del cristianesimo». A queste sensazioni Minghi ne aggiunge anche un’altra, inaspettata: il dolore. «A Gerusalemme si piange, c’è tanto dolore. Il dolore e il rimpianto di non poter vivere in modo pacifico, felice e sereno nella città che è anche la casa di tutti i nostri sentimenti. Tutto è permeato da questo senso di rimpianto, ma anche dalla consapevolezza che la vera pace nel mondo potrà venire soltanto da lì, da quei luoghi che appartengono all’umanità intera». Tra i momenti indelebili nella carriera di Minghi c’è l’incontro con Giovanni Paolo II, al quale dedicò la canzone Un uomo venuto da lontano, che comincia così: «Un uomo venuto da molto lontano / negli occhi il ricordo dei campi di grano / il vento di Auschwitz portava nel cuore / e intanto scriveva poesie d’amore». Minghi ricorda: «La cantai davanti a lui nell’Aula Nervi in Vaticano, in un concerto dell’ottobre 1995. Fu una serata meravigliosa. Alla fine lui volle incontrare gli artisti e mi chiese di fargli avere il testo perché non era riuscito a seguire tutta la canzone. Glielo mandai e gli piacque. Da quel concerto è nato un videoclip, il primo con la presenza del Papa, che ebbe anche la sua approvazione. Giovanni Paolo II aveva capito che poteva fare catechesi anche attraverso i media e la musica. Inoltre, grazie al video e alla canzone, siamo entrati in circuiti come Mtv e i grandi network radiofonici». Su questo tema Minghi vuole aggiungere una considerazione: «Non mi pento di quella canzone e di quel video, rifarei tutto, ma devo riconoscere che la mia carriera ha pagato un po’ lo scotto di quella scelta. Presentarmi come cristiano, dichiarare pubblicamente la mia fede, posso dire che, in qualche modo, è stato penalizzante. Il video con la mia canzone e il Papa, ad esempio, andrà in onda per la prima volta sulla Rai solo il 28 marzo. Sia chiaro che dico questo senza alcun rimpianto, lo constato come un dato di fatto». Nessun rimpianto, anzi nel futuro di Amedeo Minghi c’è
anche una Messa. «Sì, nel 2010 sono stato invitato a Torino per le
celebrazioni in occasione dell’ostensione della Sacra Sindone. Per questo
evento ho pensato di comporre una Messa. Ho già cominciato a scriverla
partendo dal Padre nostro». Roberto
Zichittella
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